CorSera, Toyota e la salute…

Oggi leggendo sul Corriere della Sera ho trovato “- L’ospedale modello? Come una fabbrica” e mi sembrava la solita cosa sull’ “ospedale azienda”, poi però nell’occhiello citano Toyota.
L’articolo è di Giuseppe Remuzzi, che non è un giornalista ma un medico di Bergamo (tu guarda il caso), che si occupa di nefrologia. Se non sbaglio è lo stesso che è andato da Celentano dopo le sue sparate sui trapianti. Cita un articolo trovato su Lancet (ENG- Registrazione gratuita).

Bene, si sono meritati il tempo di una mia lettura (e di questo commento).

Se non si merita il vostro, riassumo che l’ospedale in questione ha deciso di ispirarsi al modello Toyota per migliorare e pare che in termini di costi e di altri indicatori (es. le infezioni ospedaliere), ci sia anche riuscito. Senza per questo penalizzare i pazienti.
Tra le chicche citate dal’articolo, il “viaggio” alla Toyota in Giappone per prendere ispirazione.

L’articolo Italiano non lo dice, ma Lancet si: ci sono voluti i consulenti (scusate, orgoglio professionale! 🙂 ).

Perdoniamo a Remuzzi di non essere un manager e di aver tralasciato le citazione del Just in Time, il TQM e la Lean Manufactoring (anche qui Lancet è più preciso, in fondo è una rivista scientifica. Ma mi viene il dubbio che un medico abbia questi riferimenti.)
L’elemento che mi piace e mi affascina è l’idea della contaminazione delle discipline.

Peccato che i due articoli non la colgano e un po’ a senso unico dicano che la soluzione è stata quella di indicare il fare meglio come metodo, e il “paziente – cliente” come obiettivo. Dicono che il personale ha preso parte al progetto, ma non indicano nel coinvolgimento uno degli elementi chiave.
Tanto per ricordarlo ai più smemorati, i medici facendo giuramento di Ippocrate, dovrebbero già aver sentito dire che il paziente ha una sua certa importanza. Non basta quindi ribadire il concetto e dire “fate le cose per bene”.
Tra il dire e il fare, ancora una volta, ci vuole un po’ di “organizzazione” 🙂

Chicca finale, il CEO dell’ospedale si chiama Kaplan… (a quando le Balanced Score Card? 🙂 ).